FAQ mafia by Bolzoni Attilio

FAQ mafia by Bolzoni Attilio

autore:Bolzoni Attilio [Bolzoni, Attilio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2011-02-14T23:00:00+00:00


Noi latitanti siamo abituati a stare sempre con le mogli e i bambini, anche perché non siamo molto disturbati. Sono stato latitante molti anni e ho vissuto sempre con mia moglie e i quattro figli. […] Anche se venivano a fare un pattugliamento e vedevano una macchina con tre persone a bordo non è che si fermassero. È capitato proprio a me, in una strada parallela a viale della Regione Siciliana mentre stavamo andando a uccidere una persona… Dopo l’abbiamo uccisa […] Li abbiamo visti da lontano noi a loro e credo anche loro a noi – una 128 giallina – si trattava cioè della “catturandi”, una delle macchine più pericolose: si sono messi sopra un montarozzo di terra e stavano quasi per cappottare per farci passare. Questo per dire che purtroppo la realtà era questa.

(Gaspare Mutolo, audizione davanti alla commissione parlamentare antimafia, 9 febbraio 1993)

> Perché i mafiosi erano considerati intoccabili? <

C’era un grumo di complicità, un tacito patto in nome del quieto vivere. I boss della Cupola, i vecchi Padrini, garantivano la “pace sociale”, la tranquillità, l’ordine pubblico. A Palermo non c’erano scippi, non c’erano rapine, non c’erano tensioni. C’era solo un silenzio irreale. I mafiosi controllavano il territorio meglio delle forze dell’ordine, in cambio non ricevevano attenzioni investigative. Boss e alti ufficiali dei carabinieri o alti funzionari del ministero dell’interno si “parlavano”, si incontravano, si scambiavano favori.

La vicenda di Bruno Contrada, ex capo della squadra mobile di Palermo e poi numero tre dei servizi segreti civili, è emblematica. È stato condannato per le coperture che dava prima ai boss della vecchia guardia e poi a Corleonesi. C’era anche il colonnello Giuseppe Russo, comandante del reparto operativo dei carabinieri di Palermo, che era vicino a Gaetano Badalamenti e ai cugini Salvo. Molti anni dopo la sua uccisione, nell’agosto del 1977, si sono scoperti i contatti che aveva avuto con un gruppo di mafia ben preciso.

Non sono stati certo gli unici, Contrada e Russo. Era il sistema: in quegli anni era naturale che fosse così. I Salvo e i Badalamenti rappresentavano un potere, un potere vero, non solo criminale ma anche politico.

Qualche mese fa, quando Giorgio Bocca ha scritto sull’Espresso che c’era un “patto di coesistenza” sul territorio fra mafia e carabinieri, gli sono arrivate addosso critiche ferocissime. Tutti – a destra e a sinistra – hanno parlato di accuse infamanti. Bocca ha semplicemente fatto riferimento a quello che tutti i siciliani di una certa età conoscono bene: un impasto di complicità che è sempre stato molto visibile. Non ha certo voluto descrivere come colluse quelle migliaia di carabinieri che hanno prestato fedelmente servizio in Sicilia; ha semplicemente ricordato che – in una precisa stagione siciliana – alcuni pezzi grossi dell’Arma e alcune “antenne” che l’Arma aveva strategicamente sull’isola erano in contatto con i mafiosi e a loro assicuravano immunità. Per fare questo, taroccavano le indagini: coprivano e depistavano.

> Ci sono stati depistaggi per proteggere mafiosi importanti? <

Il più sfacciato è stato quello dell’inchiesta sull’omicidio di Peppino Impastato. Lo hanno fatto “suicidare”, lo hanno fatto diventare un terrorista.



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